domenica 14 febbraio 2010

una lettera per SU LA TESTA

LA DEMOCRAZIA NEI LUOGHI DI LAVORO. (di Aureliano Buendìa)
In un paese che si proclama democratico e fondato sul lavoro la sfida che oggi deve raccogliere la Fiom-Cgil è difendere il binomio democrazia/lavoro.
La crisi economica che attraversiamo si carica ogni giorno di inquietanti segnali che da un lato tentano di allentare i vincoli di responsabilità sociale attraverso i licenziamenti di massa e dall’altro irrobustiscono un modello di lavoro e di società fondato sulla liquidità dei rapporti tra persone e sull’autoritarismo sempre più prepotente.
Se nella fase di crescita mondiale, le tutele per i lavoratori e le liturgie democratiche nel nostro paese sono state individuate come responsabili di una crescita lenta e di una sostanziale atrofizzazione dello stato; ora più che mai, nella fase della crisi, provocata dall’irresponsabilità della finanza e dalla miopia delle politiche liberiste, la pratica della democrazia, intesa come partecipazione collettiva alla cosa pubblica e le tutele sociali vengono additate come responsabili di un ritardo nella ripresa verso una nuova crescita miracolosa sebbene francamente improbabile.
Il ricorso sempre più frequente alla personalizzazione della politica, personalizzazione ainsofferente alla pratica del confronto, i focolai delle politiche reazionarie e razziste (che nel nostro paese hanno sempre continuato a covare sotto le ceneri), l’indebolimento delle politiche sociali tese alla redistribuzione della ricchezza e alla solidarietà sono componenti che tra loro si sommano e si scompongono, si scontrano, si affrontano in un vortice polveroso di confusione e solitudine fino a generare una cortina oltre la quale non si riesce a scorgere. Oltre quel muro, oltre le riforme sulla giustizia inutili e dannose, al razzismo istituzionalizzato, alla demolizione della scuola pubblica e del servizio pubblico in nome del privato efficiente, oltre alla spettacolarizzazione della sfera privata, si gioca la partita. Al buio e nel silenzio, oltre i riflettori accesi sulla disperazione dei lavoratori dell’Innse, della Nacco o della Sitcar si sta consumando un battaglia definitiva che vuole annientare, frantumare il binomio Democrazia/Lavoro. Trasformare questo concetto fino a polverizzarlo. È in questa luce, da questa angolazione che i cittadini e i lavoratori per un attimo devono riflettere sulla lotta condotta dalla Fiom-Cgil contro l’accordo separato sul rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Nella disdetta unilaterale del contratto nazionale ancora in corso da parte di Fim e uilm, nella conduzione di un negoziato surreale tra federmeccanica e Fim e Uilm (surreale perché affrontato senza alcun mandato dei lavoratori), nella scelta deliberatamente provocatoria di Fim e Uilm di lasciare votare il contratto solo ai propri iscritti, e imponendolo di fatto a tutti i lavoratori metalmeccanici; in questo strappo si scorgono i lampi di un sistema autoritario che nel silenzio, inglobando in decenni di liberismo e concertazione i sindacati e l’opinione pubblica, sta tentando l’ultimo assalto alla democrazia nei luoghi di lavoro. Se il Nostro paese è fondato sul Lavoro, una repubblica democratica fondata sul lavoro, è il momento di difendere questo patrimonio di libertà, sostenere la Fiom è rivendicare il diritto a decidere sul proprio futuro di lavoratore e quindi sul futuro e di una società che vogliamo libera. Sostenere la Fiom significa lottare per la democrazia.
 

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