venerdì 11 aprile 2008

PRODUTTIVITA'...il lavoro che vogliono

Con la fine del 2007 si è chiuso un anno di intense trattative nel mondo del lavoro. Siglati importanti accordi fra governo sindacati e associazioni datoriali.
Includiamo in queste riforme il protocollo sul TFR, l’accordo sul welfare del luglio 07, il rinnovamento di molti contratti collettivi, anche nel settore artigiano. La linea seguita da CGIL-CISL-UIL deve indurci comunque ad una profonda riflessione, sulle direttive future riguardanti il mondo del lavoro. E’ divampato il problema del potere d’acquisto dei salari oramai insufficienti per l’oneroso costo della vita. Le modalità con le quali si vorrebbe affrontare il problema, viene definito dai più svariati tecnici del settore, come incremento della produttività. Da più settori avversato come incremento indiscriminato dell’orario lavorativo, dai fautori come l’unico strumento in grado di garantire competitività all’agonizzante industria italiana. Bisogna evidenziare che sono molteplici i fattori che influenzano questo parametro, comunque non riconducibili alla sola quantità di lavoro svolto, ancor meno determinante se si considera la sola produttività come viatico competitivo per il sistema industriale Italia.
Si può riassumere col termine produttività un valore aggiunto fornito nelle varie fasi di lavorazione partendo dalla progettazione fino al lavoro fornito dall’addetto. Non si può prescindere da due valori considerando l’effettiva lavorazione fornita dall’addetto:
· Qualità del lavoro svolto
· Responsabilità della mansione stessa
Considerati tali presupposti è inverosimile trascendere da un riconoscimento professionale riconosciuto ai lavoratori dal quale le aziende non possono sottrarsi.
La questione competitività verte su questi temi, evidenziando che per raggiungere un livello competitivo elevato, bisogna avere necessariamente manodopera qualitativamente elevata. Le nefandezze della politica economica in Italia, i pochi investimenti sulla ricerca tecnologica e formazione, le infrastrutture decrepite e inefficienti hanno portato ad un livello salariale largamente inferiore alla media europea.
Direzione più comune ai paesi in via di sviluppo…(o di sfruttamento?) antitetica alla cultura industriale dei nostri maggiori partner europei.

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